Pagine: 160
Prezzo: euro 17,00

Muschio bianco
di Anna Nerkagi – Utopia editore

Ho tra le mani Muschio bianco di Anna Nerkagi, la prima uscita del 2024 di Utopia editore. Osservo la copertina e rifletto sul fatto che la cura e la raffinatezza delle pubblicazioni della casa editrice milanese comincino proprio da lì, dalla cover che, questa volta, riproduce un’opera del pittore americano Franz Kline.
Leggo nel risvolto la Lettera a uno sconosciuto scritta da Gerardo Masuccio, editor e fondatore della casa editrice. Quella che dovrebbe essere una semplice sinossi del romanzo è una vera e propria missiva rivolta al lettore ignoto che, come me, si appresta alla lettura. È da qui che inizia il viaggio che mi condurrà nella penisola dello Jamal, Siberia nord occidentale, non molto distante dal Circolo Polare Artico. È a queste latitudini che vivono i nenek, una popolazione nomade la cui economia ruota tutta intorno all’allevamento delle renne. Durante il periodo sovietico i nenek hanno subito la collettivizzazione e la civilizzazione forzata: i bambini venivano separati dalle famiglie e mandati nelle grandi città dove erano costretti a parlare il russo e a dimenticare la loro lingua e le loro tradizioni. Anna Nerkagi, prima scrittrice nenek ad arrivare in Italia grazie alla traduzione di Nadia Cigognini, è stata una di quei bambini.
Se in Aniko, scritto nel 1974 e uscito sempre per Utopia nel 2022, l’autrice raccontava la storia di una ragazza che, dopo quattordici anni di lontananza e di assimilazione alla vita cittadina di una grande città come Mosca, viveva lo spaesamento del ritorno nella sua comunità per assistere il padre rimasto vedovo, in Muschio bianco ci troviamo di fronte ad una prospettiva rovesciata dove la protagonista è l’attesa. L’attesa di un padre (Petko) che, ormai anziano, aspetta il ritorno della figlia che tanto tempo prima aveva lasciato il clan e che da allora non aveva più dato notizie di sé preferendo le comodità della città e gli agi della vita moderna all’asprezza della tundra e a un’esistenza di sacrifici. Ma anche l’attesa di un giovane (Alëška) che di quella stessa ragazza è innamorato e che l’aveva vista partire mentre lui aveva scelto di rimanere accanto alla madre e ai suoi fratelli più piccoli.
Attese, dunque, che creano fratture nelle esistenze di padri e figli destinati a separarsi come lastre di ghiaccio alla deriva. Agli anziani, una volta rimasti soli, non rimane altro da fare che salire sulla slitta del tempo e percorrere l’ultimo sentiero, quello che conduce alla morte.
Anna Nerkagi ci racconta tutto questo con una scrittura semplice, secca, liscia come il ghiaccio del Circolo Polare Artico, ma a tratti capace di riscaldare il cuore con immagini poetiche che sembrano prendere vita proprio da quel fuoco che riscalda i čum e di cui le donne nenek sono le vere padrone.
Muschio bianco è la trentacinquesima uscita in quattro anni di attività dell’editore. Se provo a scorrere i titoli che formano il suo catalogo, posso isolare due filoni. Quello dei recuperi di scrittori e scrittrici del XX secolo, a volte anche Premi Nobel, accantonati dal mondo dell’editoria a favore di titoli più commerciali e, quindi, più vendibili. Tra gli autori caduti nell’oblio e rivitalizzati da Utopia troviamo Massimo Bontempelli, Grazia Deledda, ma anche Camilo Joè Cela e Sigrid Undset, solo per citare i primi che mi vengono in mente.
L’altra strada percorsa porta a letterature di aree geografiche più periferiche, ma non per questo meno qualitative. Penso ad Hamid Ismailov scrittore uzbeko e al suo La fiaba nucleare dell’uomo bambino o a Ananda Devi scrittrice delle Isole Mauritius o a Punacci di Perumal Murugan scrittore tamil. Amo particolarmente queste storie perché sono storie che vengono da lontano, dai margini di questo piccolo mondo di cui tutti noi, lettori un po’ presuntuosi, ci consideriamo il centro. Margine è una parola che mi piace, ci sto bene dentro, è un altrove che vorrei fare mio. Mi fa pensare a qualcuno che è stato estromesso da qualcosa, oppure a qualcuno che ha preferito non far parte del centro per preservare la propria autenticità, a qualcuno che ha deciso di vivere in precario equilibrio ben sapendo che muovendo anche un passo soltanto oltre quel margine, smetterà di esistere, proprio come i nenek

 

Anna Nerkagi

Anna Nerkagi è nata nel 1952 nella penisola di Jamal, in Siberia. Appartiene alla comunità indigena dei nenec e ne è la voce letteraria più nota e stimata. Negli anni dell’infanzia, le autorità sovietiche la separarono dalla famiglia, costringendola a vivere in collegio. Allontanata dalle tradizioni, dai costumi e dal nenec, suo idioma d’origine, in quel periodo apprese il russo, lingua in cui scrive tuttora. Si è laureata in geologia.

Nel 1980, dopo un’accoglienza lusinghiera da parte della critica per il suo esordio letterario, è tornata a vivere nella terra natale, dove ancora risiede con la famiglia. Ha fondato una scuola nella tundra per dedicarsi all’educazione e all’istruzione dei giovani nenec. Si batte da decenni per la salvaguardia e la valorizzazione della cultura delle minoranze in Russia.

I suoi romanzi, già tradotti all’estero, sono in corso di pubblicazione nel catalogo di Utopia

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