Bye bye vitamine!

 

Howard sta perdendo la memoria e sua figlia Ruth, da poco uscita da una lunga relazione con Joel, torna ad abitare a casa dei genitori dove verrà presto raggiunta dal fratello Linus; questo trasferimento rappresenterà la giusta occasione per rinsaldare i rapporti con l’amica d’infanzia Bonnie e aprirsi a nuove conoscenze, come avviene con Theo, assistente di Howard al college. Pochi i personaggi e una trama molto semplice per un romanzo la cui complessità dipende dalla tematica trattata: come affrontare la malattia degenerativa del proprio padre.

Howard ha iniziato a manifestare strani atteggiamenti ascrivibili a un primo stadio di demenza e, ben presto, gli verrà diagnosticato l’Alzheimer, assurdo scherzo del destino per un professore di storia, disciplina interamente fondata proprio sulla memoria. Ecco che in famiglia cominciano a diffondersi di conseguenza i sensi di colpa: la moglie teme che la patologia del marito dipenda da un’assunzione sovrabbondante di alluminio, perciò smette di cucinare e Ruth, lontana da casa ormai da una decina di anni, si chiede se avrebbe potuto fare di più per i suoi cari. No, il morbo è implacabile e non basteranno verdure cruciformi o piatti a base di medusa per guarire chi ormai ne è affetto; certo, la vitamina B12 può rallentare il processo di peggioramento delle condizioni mediche ma anch’essa risulterà impotente di fronte all’inevitabile. Così come non servirà a niente mentire al proprio padre o al proprio collega per consentirgli di continuare a insegnare, contro i provvedimenti presi dal direttore del college.

La vera protagonista dell’opera è la memoria, che Howard non accetta e non ammette di star perdendo e che tutti gli altri personaggi fanno il possibile per conservare, condividendo i propri ricordi e circondandosi di oggetti banali che possano richiamare alla loro mente momenti di vita da non dimenticare: Ruth colleziona mandorle dalla forma anomala e semini di mela, Howard scrive compulsivamente sul suo piccolo e malandato taccuino rosso per registrare a imperitura reminiscenza episodi felici dell’infanzia della figlia.

La struttura di “Bye bye vitamine” si addice perfettamente al contenuto, assumendo una forma diaristica che, per definizione, si configura essa stessa come uno strumento per fissare i ricordi e tramandarli nel tempo; è un romanzo circolare e a incastro dove frequente è l’alternanza tra stralci di memoria appartenenti a personaggi sempre differenti, un libro composto di piccoli attimi casuali di vita che si riflettono nell’uso sintattico di frasi e paragrafi molto brevi.

Non manca inoltre la componente divulgativa, in linea con la natura clinica della materia oggetto della narrazione, per cui l’autrice illustrerà come sono nati i tergicristalli, chi e in che modo ha scoperto l’Alzheimer e da dove origina il nome “California”. Rachel Khong riesce a trattare una tematica delicata senza patetismi, offrendo anzi occasioni per sorridere di sé e della malattia, elemento indesiderato ma naturale della precaria esistenza umana; i personaggi attuano spesso comportamenti buffi e al limite del ridicolo e, proprio per questo, il lettore riuscirà a sentirli vicini a sé e a identificarvisi.

Come non giustificare, infine, il fatto che talvolta si preferisca non affrontare la realtà attuale, peggiore che in passato, per conservare un bel ricordo? Perché “non abbiamo bisogno di più ricordi. È già abbastanza difficile gestire quelli che abbiamo”; in fondo, siamo umani.