
Pagine: 719
Prezzo: euro 24,00
Ombre sullo Hudson
di Isaac Bashevis Singer – Adelphi
Ci sono scrittori così affascinanti, ha notato Manganelli, che riescono a cambiarti l’umore: scrittori come Singer, capace di creare personaggi simili a «figure da affresco, pantografie, immagini proiettate sulle nubi». È la grandezza che qui sprigiona il seducente e contradditorio Hertz Grein, tormentato da un’insaziabile sete carnale – si divide infatti fra la virtuosa moglie Leah, la minacciosa amante Esther e Anna, il nuovo amore – e insieme dal richiamo di un’osservanza religiosa al cui rigore non sa sottomettersi, pur riconoscendo che si tratta di «una macchina da guerra per sconfiggere Satana». Hertz sa bene che un ebreo, per quanto creda di essersi allontanato da Dio, non potrà mai sfuggirgli: sta soltanto girando in tondo, «come una carovana persa nel deserto». Intorno a lui e ai suoi dissennati grovigli amorosi – in una New York che sul finire degli anni Quaranta, per chi giunge da Varsavia o Berlino, ha le irresistibili attrattive di un gigantesco arazzo visionario –, una folla di personaggi in vario modo straziati dalla vergogna di essere vivi: come Boris Makaver, il padre di Anna, occupato durante il giorno dai suoi lucrosi affari ma sopraffatto la notte da una sofferenza terribile quanto «un dolore fisico»; o come il professor Shrage, matematico convertitosi alla parapsicologia, che vive nella speranza di ritrovare la moglie Edzhe, trucidata dai nazisti. Tutti turbati dal silenzio di Dio o – per usare ancora le parole di Manganelli – investiti «della grandezza del sacro, e della sua sproporzione»
Isaac Bashevis Singer
(Radzymin, Polonia, 1904 – Miami, Florida, 1991) scrittore ebreo-polacco di lingua jiddish. Di ascendenza rabbinica, trascorse l’infanzia nel quartiere popolare di Varsavia dove il padre aveva il suo «Beth Din» (tribunale religioso ebraico): l’esperienza di questo ambiente osservante e avventuroso, domestico e insieme sacrale (rievocato nel libro di ricordi Alla corte di mio padre, 1966), così come gli studi nel seminario rabbinico di Varsavia, furono determinanti per la sua personalità di scrittore, rivelatasi dopo che, nel 1935, si trasferì a New York. Il suo primo romanzo, Satana a Goray (1935), ritrae la tentazione messianica, ossia il sogno mistico-erotico e perverso di cooperare all’infrazione della legge, per accelerare il trionfo del male che deve precedere la redenzione totale: è la metafora della seduzione dell’indistinto e dell’informe, sulla quale Singer ritornerà spesso, per interpretare il mondo moderno disgregato in una molteplicità centrifuga e caotica. Seguirono (sempre scritti in jiddish e poi tradotti in inglese con la collaborazione dell’autore) i romanzi La famiglia Moskat (1950), La fortezza (1955-57), Lo schiavo (1960), Il mago di Lublino (1960), La proprietà (1969), Shosha (1978), Schiuma (1991). Ma è soprattutto nelle raccolte di racconti Gimpel l’idiota (1957), I due bugiardi (1961), Breve venerdì (1964, nt), il cui originale jiddish risale ad anni precedenti, che Singer raggiunge l’apice della sua grandezza. Scrivendo le sue brevi novelle e le sue parabole, piene di trasporto chassidico e di terrestrità, crea un linguaggio unico, uno stile essenziale e visionario che, negando ogni corrente forma letteraria, rappresenta in tutta la sua intensità l’infrangersi della monolitica unità del sistema di valori dell’ebraismo (e di ogni altra cultura) in una delirante molteplicità di particolari selvaggiamente autonomi. La sua narrativa di attinge dalla storia recente o antica del ghetto e della provincia ebraica polacco-galiziana e, più tardi, dall’esperienza della moderna diaspora negli Stati Uniti e in Israele, personaggi e motivi volta a volta pittoreschi, sensuali, patetici, intensamente religiosi, favolosamente candidi, per evocare ogni volta impassibilmente il miscuglio di bene e di male, di tenerezza creaturale e di bestialità di cui è fatta la vita. A quelle citate hanno fatto seguito altre raccolte di racconti: La seduta (1968, nt), Un amico di Kafka (1970), Una corona di piume (1973), Passioni (1975), La luna e la follia (1986). Singer è anche autore di fiabe: Zlateh la capra (1966), Mazel e Shlimazel, ovvero il latte della leonessa (1967), Quando Shlemiel andò a Varsavia (1968), e di una trilogia autobiografica, uscita in italiano con il titolo Ricerca e perdizione (1975-81). Nel 1978 ha ottenuto il premio Nobel