Pagine: 186
              Prezzo: euro 14,00

Proprietà privata
di Richard Yates – Minimum fax

Sono solita comprare libri senza leggerne la sinossi, fidandomi unicamente del mio istinto e seguendo l’estro del momento. Di ritorno a casa, “Proprietà privata” è stato subito messo sul comodino, senza prima passare dalla pila dei libri ancora da leggere: sentivo il bisogno di leggerlo, subito, e di affrontare, per la prima volta, la prosa di Richard Yates.

Poi la scoperta. Non mi trovavo davanti a un romanzo bensì a una raccolta di racconti, forma narrativa che generalmente rifuggo: troppo breve per entrare in empatia con i personaggi, troppo frammentaria per riuscire a ricreare nella mia mente un esaustivo paesaggio immaginifico.

Ho pensato di aver sbagliato, di aver scelto, tra tutti i libri dell’autore pubblicati, quello meno adatto per approcciarmi alla sua scrittura e conoscenza. Mai pensiero più errato.

Ora, di Yates, voglio leggere tutto.

Una prosa incantevole e seducente che sembra sgorgare con naturalezza dalla penna dello scrittore, come se non ci fosse distanza tra il pensiero e la sua resa su carta. Non un attimo di noia, non un minuto di esitazione: “Proprietà privata” cattura e non svincola, si aggrappa al momento di lettura e lo consuma fino all’ultimo minuto disponibile (rischiando di farvi scendere alla fermata del tram successiva alla vostra).

Con poche parole, l’autore dipinge un ritratto degli Stati Uniti degli anni ’50 quasi puntinista, in bilico tra il celeberrimo sogno americano e la disillusione dovuta agli strascichi del secondo conflitto mondiale. Il ricordo del dramma permea ogni riga e accompagna i protagonisti dei racconti in ogni attimo della loro nuova esistenza. Anche le feste più mondane non rappresentano che un vano tentativo di appannare quanto accaduto, mentre nei ricoveri per tubercolotici la tristezza si supera con l’evasione, sia fisica che mentale.

Quelli di Yates sono personaggi a tutto tondo, la cui caratterizzazione nulla perde ma molto viene sublimata dalla forma del racconto. Grazie alla ricchezza delle atmosfere ricreate e al pungente realismo insito in essi, i nove brani contenuti nella raccolta potrebbero benissimo essere l’inizio, o un estratto, di romanzi molto più ampi. Anzi, talvolta ho sperato che la narrazione continuasse per scoprire l’evolversi del matrimonio tra Betty e Lew o smascherare le trame segrete del degente Costello, detto “Rubacuori”.

 

Un tassello importante della letteratura americana scoperto per caso (dalla sottoscritta) e per fortuna (dall’editore).

Richard Yates

Richard Yates nasce da Vincent, aspirante tenore diventato rappresentante della General Electric, e da Ruth, detta Dookie, scultrice sempre sul punto di sfiorare il successo. Dopo l’abbandono del marito, pur senza un soldo Dookie cerca di far frequentare ai figli scuole e ambienti che li rendano persone raffinate.
Nel 1944, subito dopo il diploma, Richard viene arruolato e spedito in Francia. Comincia a leggere scoprendo Wolfe, Hemingway, Eliot e soprattutto Il grande Gatsby, che riterrà sempre, con Madame Bovary, il libro-chiave della tecnica narrativa.
Congedatosi nel 1946, si sposa a New York; nel 1951 grazie a una piccola pensione assegnatagli per la lieve forma di tubercolosi contratta in servizio può tornare in Europa e dedicarsi per due anni e mezzo alla scrittura a tempo pieno.
Rientrato in America nel 1954, lavora per la United Press, scrive comunicati pubblicitari per la Remington Rand e tiene il suo primo corso universitario alla New School, dove diventa amico di Kurt Vonnegut.
Nel 1961, Yates comincia a farsi valere sulla scena letteraria: il suo primo romanzo, Revolutionary Road, accolto con entusiasmo dalla critica, è finalista al National Book Award. L’anno seguente esce Undici solitudini, un volume di racconti che ottiene critiche favorevoli. Intanto Yates, che beve senza ritegno e fuma quattro pacchetti di sigarette al giorno, inizia a soffrire di crisi depressive.
Nel 1963 parte per Hollywood, dove gli propongono di sceneggiare un film (mai realizzato) dal romanzo Un letto di tenebre di William Styron. Lavora anche per il Governo, scrivendo i discorsi del ministro della giustizia Robert Kennedy. Dopo i fatti di Dallas, torna a tenere corsi universitari e, sebbene intimamente convinto che la scrittura non si possa insegnare, avrà come allievi futuri scrittori del calibro di Andre Dubus, Mary Robison, Tony Earley e John Casey.
Dopo il divorzio dalla prima moglie, Yates si risposa nel 1968, ma i problemi fisici e mentali, il suo carattere testardo e irascibile gli renderanno sempre impossibile mantenere sia una relazione stabile che l’amicizia di chi gli è accanto.
Nel 1969 appare A Special Providence. «Immagino che si trattasse della sindrome del secondo romanzo», dirà in seguito. «Per quel libro mi ci sono voluti sette anni, e alla fine hanno dovuto strapparmelo da dentro». I protagonisti, Robert Prentice, un ghost writer insoddisfatto, e sua madre Alice, artista più illusa che delusa, ricordano i Wheeler di Revolutionary Road, ma anche Richard e Dookie Yates. Gli elogi sono blandi, le vendite modeste.
Nella metà degli anni Settanta, l’editore Seymour Lawrence accetta di corrispondergli uno stipendio mensile, grazie al quale Yates scriverà sei libri in poco più di un decennio, nonostante l’alcolismo e la depressione peggiorassero.
Alla pubblicazione nel 1975 di Disturbing the Peace, molti critici danno per conclusa la carriera letteraria di Yates, che invece l’anno dopo stupisce tutti con The Easter Parade, una delle sue prove migliori. In seguito, Yates confesserà di essere riuscito a descrivere così bene le sorelle Grimes e il loro mondo perché lui stesso è una delle sorelle (tra l’altro, il soprannome della loro madre è Pookie). Due anni dopo esce A Good School, la cui inusuale delicatezza viene tuttavia frettolosamente scambiata per inconsistenza. Il testo è ispirato, come sempre, alla vita dell’autore: per Yates come per i suoi personaggi la famiglia è il fulcro dell’esistenza. A Elizabeth Cox che, da lui aiutata nell’editing del suo primo romanzo Familiar Ground, gli dice quasi a scusarsi: «Non scrivo altro che della famiglia», lui risponde: «Non c’è altro di cui scrivere».
Nel 1981 la raccolta Liars in Love esce quasi insieme a Di cosa parliamo quando parliamo d’amore di Carver: le affinità di stile e di temi appaiono così evidenti, che è ormai chiaro che Yates è un maestro, alla cui scrittura “seminale” cominciano a ispirarsi gli scrittori americani moderni. Il libro vende abbastanza bene (per gli standard di Yates, che non aveva mai superato il tetto delle 12.000 copie), grazie anche al crescente successo della “short story”.
Nel 1984 viene pubblicato Young Hearts Crying, ma le vendite sono scarse. Esquire definisce Yates «uno dei grandi scrittori meno famosi d’America».
Quando nel 1986 esce Cold Spring Harbor, Yates sta già lavorando a Uncertain Times, ispirato al periodo in cui scriveva per Robert Kennedy. Le critiche a Cold Spring Harbor sono contrastanti: la recensione apparsa sul quotidiano «New York Times» e quella pubblicata nel suo supplemento domenicale giungono a conclusioni opposte. Eppure le sue opere conoscono un momento di rivalutazione: nel 1989 la Vintage ripubblica Revolutionary Road, Undici solitudini e The Easter Parade. In questo periodo Yates insegna alla University of Southern California, soffre di enfisema ed è costretto ad assumere una gran quantità di farmaci, ma continua a fumare come prima.
Nel 1991 si stabilisce a Tuscaloosa per insegnare alla University of Alabama, ma soprattutto per dedicarsi completamente a Uncertain Times; il lavoro è però rallentato dalla malattia, che gli permette di scrivere solo una o due ore al giorno.
Nel 1992, ricoverato per un piccolo intervento chirurgico, muore per complicazioni post-operatorie, lasciando Uncertain Times incompiuto. Il manoscritto rimane inedito (tranne che per un frammento pubblicato dalla rivista newyorkese «Open City»), e a tutt’oggi non si sa se esista ancora.
Nel 2001, il silenzio sull’opera di Richard Yates è rotto dal «New Yorker», che pubblica due suoi racconti. L’aspettativa dei lettori è stimolata, e il successo di The Complete Stories of Richard Yates, che riunisce Eleven Kinds of Lonelinesse Liars in Love, è tale che altri editori si affrettano a ripubblicare i suoi romanzi fuori catalogo da tempo. Alcuni scrittori (tra cui “yatesiani di ferro” come Michael Chabon e Tobias Wolff) ne promuovono le opere con una serie di letture pubbliche in giro per gli Stati Uniti, cercando di esaudire, sia pure in maniera postuma, un desiderio espresso un giorno da Yates ad Andre Dubus: «non voglio il successo, voglio lettori».
Nel 2008 il suo capolavoro, Revolutionary Road (minimum fax 2003, con introduzione di Richard Ford), è diventato un film nel 2009 (diretto da Sam Mendes e interpretato da Leonardo DiCaprio e Kate Winslet).
(Nota biografica a cura di Andreina Lombardi Bom)